Con Julie di 9 mesi attraverso parchi e spiagge deserte in un paradiso
terrestre destinato all'estinzione.
Caldo, Aurélie e Julie
22 Gennaio - 15 Febbraio 2008
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E' il primo viaggio di Julie, la nostra piccola ha appena nove mesi,
nessun dente e non cammina, ma è curiosa e sorride a tutti. Così quella
che doveva essere la nostra preoccupazione di questo viaggio si è
trasformata in un formidabile passepartout per entrare in contatto con
la gente locale, le famiglie e soprattutto i bambini. Julie ci ha fatto
subito capire che a lei la vacanza poteva anche andare bene ma i ritmi
dovevano essere i suoi. Quindi quando era l'ora della pappa, potevamo
essere nella foresta più fitta, sotto la pioggia o al mercato che si
doveva cambiare canale per occuparsi di lei. Le nanne dovevano essere
sfruttate il più possibile da noi per fare trasferimenti o per osservare gli
animali nei parchi. Già, perché riuscite ad immaginare la faccia di un
appassionato birdwatcher intento a osservare un ara scarlatta con il suo
binocolo al passare di due tizi con una bimba nello zaino che urla a
squarcia gola "ta-ta-ta-ta" ?
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Raggiungiamo San José via Atlanta con Air France e poi fino in Costa
Rica con Delta. I francesi ti mettono la piccola in una culla attaccata
al muro davanti a te così che può dormire durante il volo come se fosse
in business, le regalano alcuni pupazzini per giocare e la trattano come
se fosse loro figlia. Gli americani invece la considerano come un
bagaglio a mano. In ogni caso viaggiare con un bebé appresso è molto
vantaggioso poiché si saltano tutte le file delle dogane e dei controlli
bagagli, ed in USA non sono pochi !!
Arrivati a San José noleggiamo una jeep e ci dirigiamo subito verso
nord. Nella città di Alajuela facciamo scorta per tutta la
vacanza di pannolini e omogeneizzati Siamo pronti, ci dirigiamo verso la Cordillera de Tilaran dove ci sono i vulcani più belli
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La regione è disseminata di vulcani, la maggior parte ancora ben
attivi. Non è facile vederli poiché sono spessi avvolti nelle nuvole fin
dal primo mattino. Prendiamo la strada che sale a San Carlos e quindi
alla Fortuna. Benché asfaltata, la velocità di crociera è sui 60 km/h,
ma non importa. A Julie non piace correre e noi non abbiamo nessuna
fretta. Ci sono 40°, ci fermiamo spesso a comprare frutta lungo la
strada: manghi, banane, ananas e maracuja costituiscono i nostri pranzi
(per Julie biberon). La Fortuna, cittadina a sud del Volcan
Arenal, è uno schifo, ad ogni angolo resort immensi, saune e bagni
termali in vasche di cemento. I pullmann dei viaggi organizzati intasano
la strada. Andiamo oltre, una strada sterrata a nord del vulcano porta a
El Castillo e al Rancho Margot (www.ranchomargot.org),
dove facciamo base per qualche giorno. Appena terminato,
il ranch è un ottimo esempio di come le cose si possono fare meglio e
diversamente dei resort americani. Il ranch è autosufficiente e produce quasi tutto quello
che serve ai suoi ospiti, Hanno orti con ogni sorta di vegetali, galline
per le uova, mucche per il latte e i formaggi, i maiali per la
trasformazione dei rifiuti in carne e humus che serve poi alla
produzione di gas per cucinare. Un piccolo ruscello, attraverso una
turbina, fornisce di energia elettrica ed ecco creato un ranch
autosufficiente che da lavoro ad una ventina di ragazzi del posto. Come
se non bastasse hanno anche una specie di ospedale che cura gli animali
malati. Ci siamo restati qualche giorno, l'atmosfera è molto familiare e
intorno è pieno di posti interessanti.
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Il Rancho Margot, immerso nella foresta sulle rive del Lago Arenal,
ha un orto e un giardino con alcuni fiori veramente magnifici. A destra
un colibrì, veramente comune da queste parti. Sotto una passeggiata
nella foresta per ammirare il Volcan Arenal libero dalle nuvole. |
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Qui a sinistra la Cataratta della Fortuna, un sentiero molto ripido di una mezz'oretta porta a questo magnifico salto di 70 m che si tuffa in un'acqua turchese in mezzo alla foresta. Il colore è
dato dalla presenza di sali particolari...speriamo non tossici. Julie intanto fa amicizia con una bimba canadese
e scambia il suo mango per delle patatine
Da El Castillo ci spostiamo verso nord al Parco Volcan Tenorio.
Meta, un'altra cascata da favola. Il posto si chiama Rio Celeste
e si trova 13 km a nord di Guatuso, da dove parte sulla sinistra uno
sterrato fangoso di 11 km. Attraversiamo la zona nella nebbia più fitta.
Arrivati al Parco, un sentiero di 2 ore porta alla cascata. Piove ma
oramai siamo qui. Julie nel suo zaino, con il suo piccolo poncho sembra
divertita. Il sentiero è un pantano allucinante e fatichiamo non poco ad
arrivare alla cascata, ma che purtroppo si rivela una delusione. La
cascata con la pioggia perde i suoi colori e riflessi turchesi. |
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A sinistra la stupenda Cataratta della Fortuna, qui di fianco e
sotto momenti della cascata del Rio Celeste al Volcano Tenorio. |
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Aspettando il pranzo, Julie compie i primi passi su un bancone. Qui a
sinistra il casado de lomo: pinto (riso con fagioli), platano
fritto e manzo con cipolle. Questo è il classico pasto costaricano. La
colazione è la stessa, solo che al posto del manzo o del pollo, ci sono 2
uova. |
Dal Rio Celeste ci spostiamo ancora verso nord fino a Colonia Puntarenas, a pochi km dal Nicaragua. Qui prendiamo una sterrata di 25 km
direzione Cano Negro. Il paesaggio cambia, la foresta lascia lo
spazio a praterie e piantagioni di ananas. Cano Negro è il punto di partenza
per visitare il Refugio de Vida Silvestre Cano Negro, un parco creato
nel 1984 per preservare una laguna di estrema importanza per la fauna
endemica e quella migratoria, per il clima della zona e per le riserve di
acqua dolce. Purtroppo fin dagli anni 70 è teatro di disboscamenti per
ricavare legname, drenaggi e incendi per disporre di terreno coltivabile,
stragi di caimani e via dicendo, il tutto con il silenzio e la complicità
dello stato e del presidente Oscar Arias Sanchez (premio Nobel per la pace
!!) Se volete qualche approfondimento potete andare sul sito
www.ligambiente.com
dell'infaticabile Mauro, che gestisce l'Hotel de Campo a Cano Negro, dove vi
consiglio vivamente di andare a pernottare. Oltre che dare lui un
contributo, avrete la possibilità di ascoltare le storie di un ambientalista
in una lotta purtroppo impossibile. |
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I canali del Parco Cano Negro. Paradiso per gli amanti di birdwatching. Noi con Julie ci siamo concentrati più alla fauna stanziale: qui
sopra un caimano, un'iguana e un basilisco.
Sotto alcune immagini tratte dal sito Ligambiente dove si può vedere la
scomparsa della laguna grazie ai drenaggi perpetrati dai
coltivatori di ananas e agli incendi. In blu e azzurro le zone
allagate nel 1965, 1983, 1992, 1999. Da allora il governo ha
interrotto il programma di monitoraggio! |
Ci spostiamo verso il Pacifico con l'amaro un po' in gola, come se
avessimo visto qualcuno per l'ultima volta. Arriviamo a La Cruz,
cittadina di confine ma ottimo punto di appoggio per visitare il
Parco Naturale di Santa Rosa. Ancora una volta il paesaggio è
cambiato completamente. Siamo nella foresta tropicale secca, ed essendo
inverno, gli alberi non offrono riparo, fa un caldo infernale (40°).
Vediamo qualche scimmia, svegliata dagli urli di Julie affamata e
qualche cervo. Le spiagge del parco invece sono visitate tra luglio e
dicembre da migliaia di tartarughe olivacee che vengono a deporvi le
uova. |
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La Cruz: Julie a colazione, durante la siesta e la ginnastica con
papà. Sotto il Parco Santa Rosa, habitat di scimmie, cervi, armadilli,
pappagalli, coati e moltissimi altri animali. |
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Ci spostiamo nella città di Liberia, cittadina molto
piacevole e tranquilla. La utilizziamo come punto di appoggio per visitare
il Parco Rincon de la Vieja. Per raggiungere il parco ci vogliono 20
km di sterrato. Qui la maggior parte delle persone visitano le
frequentatissime fumarole del Pattas, un giretto di 3 km ben segnalato, ma
chi ha visto Pozzuoli o le Eolie si mette a ridere. A 5 km dalla stazione
del guardiaparco si trova invece la splendida Cascata di Cangreja,
non c'è nessuno e potete rimanere tranquilli a fare il bagno. |
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Per arrivare alla Cascata della Cangreja occorre
percorrere un sentiero abbastanza ripido in discesa nella foresta.
Rinfrescatevi bene e ritornate nel tardo pomeriggio. Evitate di crepare di
caldo. Nella foresta frequenti gli avvistamenti, anche di serpenti non
proprio piacevoli. Qui una Scimmia Capuccino e un Coati assai curioso che
aveva fiutato cibo nella nostra auto. Sotto le formiche tagliafoglie (Leafcutter
Ants), molto diffuse in Costa Rica. Queste formiche trasportano i pezzi di
foglie nelle loro tane per nutrire uno speciale fungo di cui si nutrono. E'
incredibile vedere queste colonne di pezzi di foglie "camminare" sul vostro
sentiero. |
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Partiamo per la Penisola Nicoya, obiettivo una settimana di mare
isolati dal mondo dove poter giocare con Julie. Arriviamo a Playa del Coco,
praticamente l'opposto di quello che cerchiamo, uno spiaggione
affollatissimo attaccato ad un paese sporco e pieno di americani. Playa
Ocotal più a sud, tanto decantata dalle guide, è un cantiere unico di
villette a schiera e giganteschi resort che si fanno spazio tra le baracche
degli abitanti locali. Andiamo più a sud, Playa Tamarindo, meta delle
tartarughe liuto da ottobre a dicembre, è un triste spettacolo per i
turisti. Disgustati ci dirigiamo verso Playa Samara. Uuuf... qui si
respira, l'aeroporto è evidentemente un po' lontano e fa da freno
all'invasione turistica. Le spiagge non sono male e le onde abbordabili
(inferiori ai 2 metri) per uno scarsotto di surf come me. Alloggiamo al Tico
Adventure Lodge, amaca sul terrazzo, proprietari gentili. Merita una visita
la Playa Carillo, meno affollata, qualche locale (ticos) e poco lontana.
Julie è contenta, ha tanta sabbia da mangiare e da mettere negli occhi...
noi pure. |
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Decidiamo a questo punto di percorrere la strada che costeggia il litorale,
spiagge molto belle e sempre meno gente. La strada si fa sempre più
sterrata, il 4x4 diventa indispensabile. Ci sono alcuni guadi da
attraversare. Impossibili durante la stagione delle piogge, ma in inverno
sono percorribili con la bassa marea. Scendiamo a controllare il livello
dell'acqua e il posto migliore dove passare. Spesso in prossimità dei fiumi
si incontrano branchi di scimmie. Talvolta addirittura la strada
finisce...in spiaggia. Soprattutto dopo Playa Manzanillo occorre percorrere
alcuni tratti sulla spiaggia (da evitare in epoca di riproduzione delle
tartarughe).
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Ci fermiamo a Playa Coyote. Un paio di sistemazioni disponibili ma
sono chiuse. Chiediamo all'unico ristorante del posto, il Bar Nico, e ci
manda in un posto strapulito gestito da una coppia di tedeschi. Noi gli
unici ospiti. Playa Coyote è oggi un posto incantevole, le spiagge deserte
visitate solo da tartarughe durante la riproduzione. Purtroppo si vedono
dappertutto cartelli "Se Vende" su lotti di foresta e terreni di fronte alla
spiaggia. La conquista è già iniziata....
Da Playa Coyote fino a Playa Malpais è un paradiso unico e spiagge solo per
noi. |
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Playa Santa Teresa, Julie spadroneggia. La mamma costretta a infilarsi nella
culla per stare tranquilla.
Sotto una scimmia capuccino sembra invogliata dalle ottime piccole banane
che si sta mangiando Julie.
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Dopo Playa Malpais la costa diventa terreno per surfisti esperti. Le
onde sono gigantesche e i villaggi originari trasformati per i surfisti.
Attraversiamo l'entroterra. Ranch, cavalli e cowboys caratterizzano questi
posti. Ci fermiamo una sera ad una festa di paese per assistere alla loro
corrida. Alloggiamo nello squallidissimo villaggio di Cobano.
Arriviamo a Montezuma, mitico posto frequentato da hippies negli anni
60. Ora frequentato dagli ex-hippies e dai loro figli. Turistico ma conserva
un certo fascino. Le spiagge sono meno affascinanti ma essendo al riparo
dalle onde del Pacifico, più adatte a fare il bagno.
Oltre Montezuma verso est non c'è più niente. Bahia Ballena, Tambor, Pochote forse c'è qualcosa ma dovete passare i cancelli dei nuovi resort che hanno costruito sulle spiagge.
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Unico posto che ne vale la pena è il Refuge Curù e l'Isla Tortuga.
Nel parco si può alloggiare in rustiche capanne. Il parco è ricco di
animali (cervi, scimmie capuccino, scimmie ragno) anche perchè sono stati un
po' spinti qui dalle costruzioni che ci sono al di fuori e protetti in
seguito da una ricca famiglia costaricana che cura il parco. Il posto è
anche noto per lo snorkelling e il sub. Non ci andate, la visibilità in
tutta la costa del Pacifico non supera i 5 metri.
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Tra zanzare, ragni e altri insetti, abbiamo deciso di mettere Julie dentro
lo zaino avvolta da una zanzariera cucita su misura. Sembrava divertita
dalla novità. Sotto e a destra scimmie ragno e cerbiatti nel parco. Più
sotto l'Isla Tortuga, raggiungibile in barca. |
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A Paquera prendiamo il traghetto per Puntarenas. Le strade sono tutte
asfaltate d'ora in avanti. Ci fermiamo a Tarcoles, buona base per il
Parco Carara, famoso per le Are Scarlatte, le Are Macao, pappagalli e
scimmie. Non lontano c'è anche la cascata più alta del Costa Rica, dove più
che per la bellezza della cascata vale la pena andarci durante la stagione
delle piogge per le rane dendrobatidi. Il sentiero attraversa una foresta
ricca di corsi d'acqua e pozze dove fare il bagno. Per fare il sentiero
occorre pagare 15 $... non si sa perché.
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Sopra l'iguana, forse l'animale più diffuso in Costa Rica. Se ne trovano
dappertutto, perfino sulle strade e in città. A destra in alto un
coccodrillo fotografato da un ponte poco prima di Tarcoles.
Pappagalli e are sono invece frequenti nel Parco Carara, anche se le are
volano molto in alto. Sotto la Cascata Manatial de Agua Viva, la più alta
del Costa Rica. Sui sentieri è possibile passare anche in zone da cui
fuoriescono dal terreno delle fumarole sulfuree. Julie cerca di aiutarmi nel
difficile cammino col suo bastone. |
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Sulla costa pacifica più a sud ci sono altri parchi simili, ma i pullmann
turistici che passano ci fanno decidere di cambiare costa. In meno di 6 ore
facciamo un coast to coast raggiungendo la costa caraibica. Passiamo da San
José e Guapiles attraversando l'immenso Parco Braulio Carillo, 48.000 ettari
di foresta primaria, quasi impenetrabili. Ora il paese ha comunque 25% del
territorio coperto da foresta pluviale ma pensate che negli anni 40 era il
75% ! La strada che percorriamo fino a Limon è un via vai di camion
continuo... e pensare che c'era la ferrovia e l'hanno tolta.
Arriviamo sulla costa caraibica, resort e alberghi qui non ce ne sono, in
compenso le grande compagnie Del Monte, Chiquita e Dole hanno già provveduto
a deforestare per fare spazio alle loro coltivazioni di banane e ananas. |
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Coltivazioni di banane a perdita d'occhio. Quelle per noi europei e per
gli americani crescono in un grosso sacchettone blu impregnato di
pesticida che poi lo si trova nei fiumi e nel mare. Le banane, raccolte
verdi vengono poi caricate in container refrigerati e in 15 giorni
raggiungono i nostri supermercati. I costaricani queste banane non le
vogliono, qui si mangiano delle squisite banane piccole dolci anche se
tutte punteggiate di nero sulla buccia, ma si sa che da noi l'importante
è che sia bella. |
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Per l'ananas è forse peggio. Siamo andati a vedere una produzione di
ananas. L'ananas non ha bisogno di terreni particolari, cresce dovunque,
anche sui fili della luce. Le radici non servono per assorbire le
sostanze nutritive, quelle le assorbe dall'acqua che si deposita tra le
foglie. L'importante è che non abbia intorno altre piante. Quindi il
terreno viene sterilizzato con antiparassitari ed insetticidi di
continuo, la maturazione viene controllata e accelerata spruzzando sui
frutti dell'etilene. I frutti più grandi e con una bella corona di
foglie sopra (non necessariamente più buoni) sono destinati a Del Monte,
quelli senza la corona di foglie (che serve per fare altre piante di
ananas) viene destinata al mercato locale e il resto alla produzione dei
succhi. Qui a fianco fasi della produzione di ananas, tra cui la
formazione del buco, qui fatta a mano. |
Arriviamo a Cahuita, molti tursiti anche se il posto è molto bello e
ben conservato. Di strutture turistiche ce ne sono il doppio di quelle
indicate sulla Lonely Planet ma nonostante tutto troviamo quasi tutto pieno.
Vi consigliamo di andare a dormire e mangiare alla Pizzeria in fondo alla
strada di Cahuita da Paolo e Teresa, due simpatici italiani di Alba
Attaccato al paese il Parco Cahuita, un sentiero che passa tra la
foresta impenetrabile e la costa. Quindi possibilità di vedere un sacco di
animali e di rilassarvi di tanto in tanto in spiaggia. La costa inoltre è
protetta dalla barriera corallina dove poter fare snorkelling. Nel parco
sono frequenti (forse troppo) gli incontri con le scimmie. Molto diffusi i
bradipi anche se non è facile scovarli e i procioni.
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Il Parco Cahuita. Sopra un bradipo si muove lentamente alla ricerca
delle sue foglie da mangiare. A destra alcuni serpenti che abbiamo
incontrato. Questo qui a destra lo chiamano l'Amarillo (perchè è giallo),
sembra molto velenoso. A destra un fiore di Heliconia, dello stesso genere
delle banane...comunque non è finta !! |
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Scendiamo fino a Puerto Viejo de Talamanca, quasi al confine con
il Panama. Il villaggio, una volta meta solo di chi voleva provare la Salsa
Brava, il più famoso break del Costa Rica, adesso è disseminato di
negozietti di souvenir. Andiamo a vedere una fattoria dove producono cacao.
Assaggiamo anche il loro cioccolato ma sinceramente in Europa lo facciamo
meglio.
Sotto a sinistra l'albero del cacao, al centro il frutto da dove si estraggono i semi che vengono messi a fermentare
per 4 giorni in foglie di banano e successivamente vengono torrefatti e
macinati per produrre la polvere di cacao |
Per il secondo giorno consecutivo piove, decidiamo di spostarci nella Meseta
Central a Cartago e nella Valle Orosi.
Cartago è la prima città fondata in Costa Rica (1563), ma non ebbe fortuna
poichè fu distrutta da un eruzione del vicino Volcan Irazù e da due
terremoti, l'ultimo nel 1910. Completamente ricostruita oggi è un centro
religioso ed è famosa per il suo caffé.
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La Valle Orosi e il suo caffé. Qui a destra la pianta del caffé. I frutti
vengono raccolti quando sono maturi (rossi) a mano. A destra una fase
dell'essicazione del frutto da cui si ricavano i due semi in esso contenuti.
I semi del caffé vengono fatti seccare (caffé verde in alto) e quindi
torrefatti. Qui in Costa Rica cresce solo arabica e ho scoperto che Illy
viene a scegliersi quello migliore !
Sotto Orosi e a destra il quartiere Barrio Amon a San José |
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Arriviamo a San Josè, la città non mi sembra così violenta come dicono tutte
le guide, ma forse noi con la piccola abbiamo un trattamento particolare.
Molta gente come in tutto il Costa Rica ci sorride, soprattutto a Julie.
Alla fine devo dire che da una parte sono stato sorpreso positivamente dal
grado di civiltà, sicurezza e igiene del paese, molto meglio di quanto sentito in giro.
Dall'altra parte siamo stati delusi nel vedere come questo paese che gode di
una fama di paese ecologista, abbia oramai preso una strada verso lo
sfruttamento agricolo e turistico che ben poco ha a che vedere con l'ecologia.
Ma anche qui probabilmente la presenza di Julie ci ha fatto evitare i luoghi
più selvaggi che senz'altro esistono ancora in questo meraviglioso paradiso
terrestre... in estinzione.
Julie voleva aggiungere qualcosa:
TA-TA-TA-TA-TA-TA !!! |
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